Descrizione
Le origini
Terrazzo, come molti degli altri centri abitati della pianura veronese, sembra aver avuto origini molto antiche, attorno al 1600 av. Cristo.
Lo confermerebbero alcuni ritrovamenti, negli anni tra il 1960 e il 1965, di alcuni reperti ( pezzi di anfore, scheletri umani,… ) durante i lavori di costruzione delle scuole site in via Brazzetto, che hanno fatto supporre l’insediamento nel territorio di una piccola comunità di 300/400 persone.
I primi nuclei abitati nacquero nel periodo che si estende tra il 1400 e il 1200 av. Cristo, periodo chiamato anche del Bronzo Recente.
A quel tempo la bassa pianura veronese non era direttamente bagnata dal fiume Adige, che scorreva tra Veronella, Montagnana ed Este.
L'epoca romana
In epoca romana il territorio di Terrazzo era probabilmente attraversato dalla via Emilia Altinate, costruita dal console Marco Emilio Lepido nel 175 a.C..
La strada partiva da Bologna ed andava a raggiungere il fiume Po nei pressi di Bariano Vecchio, per proseguire poi fino a Montagnana, dove incrociava l’Adige, per avanzare poi verso Este, Monselice, Padova e terminare ad Aquileia.
Testimonianze della presenza della strada sono visibili ancora oggi nella zona delle Valli Grandi, dove grazie a foto aeree è stato possibile individuare tra i campi coltivati il tracciato della strada fino a Begosso, frazione di Terrazzo, dove se ne perdono però le tracce.
La "Rotta della Cucca"
Fu la “Rotta della Cucca” nel 589 d.C. a segnare un momento importante per tutta la pianura veronese, dando l’avvio ad un lungo periodo di declino.
L’Adige, all’epoca non arginato, nell’autunno del 589 d.C. diede origine ad una piena eccezionale, con una disastrosa rotta, che prende il nome dalla antica denominazione dell’abitato di Veronella, allora attraversato dal fiume.
Le acque del fiume invasero la fertile pianura, lasciando affioranti solo poche terre e aree sabbiose. Fu allora che il fiume cambiò il proprio corso avvicinandosi a quello che mantiene attualmente.
Da allora fu un susseguirsi di periodi negativi, con la caduta dell’impero romano, le invasioni dei barbari, le pestilenze, le carestie, le guerre.
Le acque non erano più arginate e regolate, i campi non venivano più curati, e la pianura era diventata una sorta di grande palude abbandonata a se stessa.
Pochi erano i centri abitati ancora esistenti, soprattutto costruiti lungo i corsi d’acqua, come ci testimoniano le prime documentazioni topografiche, risalenti al IX secolo. Ma è proprio da questi piccoli centri abitati che ricomincia la bonifica della pianura, riprendono le attività nei campi e ci si avvia ad uno sviluppo della terra veronese portato avanti nei secoli successivi sino ad oggi.
Terrazzo
La prima testimonianza scritta dell’esistenza di Terrazzo risale al XII secolo, epoca alla quale risale anche la torre campanaria di stile romanico.
Il paese è citato in un Privilegio del 1145 con il quale il Papa Eugenio III confermò a Tebaldo, Vescovo di Verona, i diritti anche sulla chiesa di Terrazzo ( “Ecclesiam Turracii cum decimis” ).
Tra il 1100 e il 1200 venne eretto il fortilizio, aspramente conteso nel 1234 durante le guerre condotte da Ezzelino III da Romano contro Legnago e Porto. Nel 1630 la peste arrivò anche nella pianura veronese, portata da alcuni soldati olandesi provenienti da Mantova. I primi casi si verificarono a Legnago e da qui, date le miserabili condizioni igieniche degli abitanti, in brevissimo tempo si diffuse in tutta la zona. La diffusione della malattia fu aiutata anche dal periodo di carestia, che costringeva gli abitanti a nutrirsi di radici, erba e carni putrefatte. I paesi alla sinistra dell’Adige furono colpiti dal morbo con minore virulenza, ma nonostante ciò le perdite furono enormi, la popolazione si rifugiava in campagna, bruciava mobili e vestiti e tutto ciò che fosse venuto a contatto con persone ammalate. L’epidemia resistette per sette lunghi mesi prima di abbandonare Verona.
Il corso d'acqua Terrazzo
Già in una mappa di fine ‘700 era possibile individuare la presenza del canale dai confini con Legnago sino a quelli con Merlara e Castelbaldo, e dei relativi ponti.
Il Terrazzo, utilizzato anche come via di navigazione per piccole chiatte, ha un percorso che si estende per 24km, tra Bonavigo, dove ha origine dall’Adige in località Moggia, e Merlara, nel padovano, dove termina la sua corsa nel fiume Fratta, nel quale va ad immettersi attraverso un sistema di chiuse.
Sin dalle origini il canale Terrazzo servì alla raccolta delle acque piovane, all’irrigazione di campi, animali e persone ed al trasporto di merci. Da sempre, nonostante non si abbiano tracce di piene che abbiano causato danni, il Terrazzo è stato oggetto di manutenzione e pulizia. Negli anni ’50 del secolo scorso sono state realizzate alcune migliorie, tra cui la costruzione dell’impianto idrovoro di collegamento con il Fratta, che permette di regolare in modo migliore il flusso delle acque.
La chiesa di San Paolo
La chiesa di Terrazzo ha origini molto antiche, e già nel 1530 era il riferimento per una comunità di 700 anime, numero importante all’epoca.
La parrocchia risalirebbe però ad un’epoca molto anteriore, come testimonia il campanile affiancato alla chiesa, datato al 1100. La chiesa di Terrazzo è citata in una bolla del 1145 di Papa Eugenio III.
La facciata attuale dell’edificio presenta una iscrizione: “ D.O.M. DIVOZ. PAULO APOST. COMM. TERRATII PUBLICIS PECUNIIS AC PIORUM ELEEM. COLATIS EREXIT ANNO MDC XIII “ ( -Il Tempio- eresse in onore di Dio Onnipotente Sommo e del Santo Apostolo Paolo la comunità di terrazzo, con il danaro pubblico e le elemosine dei devoti, l’anno 1613 ).
Sulla sommità della facciata una bandierina in rame porta incisa la raffigurazione del santo patrono Paolo. Su un lato del campanile si può notare uno stemma nobiliare, oramai rovinato dal tempo, e sulla cupola una croce in ferro dell’artista Giannino Salaorni, realizzata nel 1966 al posto della precedente, distrutta da un fulmine.
Terrazzo è sicuramente parrocchia dal 1460 ed è stata sede vicariale fino al 1883, con giurisdizione su Begosso, Nichesola, Marega, Caselle di Pressana, Miega e Bevilacqua.
Villa Fascinato
Villa Fascinato avrebbe origine durante il periodo scaligero di Verona. La villa faceva parte di un sistema difensivo collegato al vicino castello di Castelbaldo e alla città fortificata di Montagnana.
Tra i suoi proprietari iniziali, annovera la potente famiglia dei Nichesola, da cui deriva anche il nome di una frazione di Terrazzo. Nel 1867 la villa fu acquistata dalla famiglia Fascinato, dalla quale prese il nome attuale.
La villa compariva già nel 1500 in alcune mappe con il nome di Toran o Torazo, dato che era ed è tutt'oggi fornita di quattro possenti torri.
Elemento di pregio è il pozzo del '400, al centro del cortile interno, che attinge acqua da una fonte sotterranea. Le leggende narrano che al suo interno vi trovarono morte atroce i delinquenti, condannati e gettativi, trafitti da una serie di lame poste sul fondo.
Inizialmente l'edificio era composto da un unico piano, innalzato al secondo solo nel 1630.
- L'Oratorio di San Carlo Borromeo All'interno del parco della villa trova posto il piccolo oratorio privato dedicato a San Carlo Borromeo, eretto per volere della signora Carlotta Fascinato e benedetto dal vicario generale Monsignor Giovanni Battista Peloso il 3 Ottobre 1912. Molte delle preziose opere d'arte un tempo presenti nell'oratorio sono andate perdute, come alcuni paramenti sacri. All'interno rimangono oggi un affresco raffigurante Carlo Borromeo, una Via Crucis dipinta sul soffitto ed un prezioso altare.
Begosso
Bovosio, l’attuale Begosso, viene nominato in documenti cartacei per la prima volta nel X secolo.
Infatti nel 932 d.C. resta traccia di una donazione del diacono di Verona al Capitolo della Cattedrale di alcuni appezzamenti di terreno in “Bovosio” per la cura di sacerdoti ammalati.
Pochi anni dopo, nel 955 d.C. rimane traccia di una concessione del conte Milone di Sambonifacio al fratello e al nipote di un castello, una corte ed un vigneto situati proprio a Begosso.
Nel 967 d.C. un’ulteriore traccia viene da un documento che attesta una donazione del vescovo di Verona, Raterio, al clero minore della chiesa veronese. Il paese fece parte delle “dodici ville” che versavano le decime alla pieve di San Pietro in Tillida.
Le chiese di Begosso
La prima chiesa sorse a Begosso tra l’XI e il XII secolo a duecento metri dall’argine, all’inizio dell’attuale via Chiesa Vecchia.
La chiesa nei secoli successivi subì una scarsissima manutenzione, dovuta alle ridotte capacità economiche delle famiglie che governavano il paese, che non potevano sobbarcarsi un impresa di tale portata. Fu nel 1582 che, durante una visita alla chiesa, il cardinale Agostino Valier, trovandone l’ingresso pericolante e parti del tetto già cadute, ne ordinò la chiusura e punì il rettore, don Giovanni Carlassaro, e i fabbriceri, ordinando di costruire una nuova chiesa entro un anno.
Una nuova chiesa fu costruita, anche se non si sa di preciso con quali mezzi economici. Nel 1594, in una nuova visita del cardinale Agostino Valier, la chiesa era stata già benedetta, nonostante il pavimento non fosse ancora stato ultimato e gli altari fossero ancora appoggiati in maniera provvisoria alle pareti.
Il ponte sull'Adige
Tra il 1700 e il 1800 doveva funzionare tra la riva sinistra e destra dell’Adige un porto di discrete dimensioni. A Begosso in particolare era stata realizzata una banchina che permetteva l’attracco di barconi adibiti al trasporto di ghiaia.
Funzionava regolarmente un traghetto tra Carpi e Begosso, che permetteva un rapido scambio di merci tra una riva e l’altra del fiume, permettendo il rifornimento di importanti mercati, come quello di Montagnana.
Da un documenti del 17 Maggio 1834 inviato dalla deputazione di Villa Bartolomea a Legnago veniamo a sapere della distruzione del porto, avvenuta ad opera delle truppe nel 1813. Il porto venne allora sostituito da un piccolo battello, la Finanza, sopra con il quale potevano attraversare il fiume solo piccoli “ruotabili”. A causa di questa riduzione del trasporto il commercio di strami, il più importante presente in precedenza, venne ad esaurirsi, con non pochi danni ai proprietari di campi sia alla destra che alla sinistra del fiume.
Nichesola
Il nome, in antichità Nauclesiola, Nichexuola e Neclosola, sembra derivare dall’omonima famiglia, ricca proprietaria terriera e sembra esistesse già attorno al 1000.
Nichesola è nominata per la prima volta nel 1154 in un diploma di Federico Barbarossa: “Nauclesiola nominatur in Diplomate Federici Regis an. 1154 et firmatur Episcopo Veronesi loquendo de pluribus locis in simul”, come ci riporta il Muselli.
Il paese è citato anche in un altro messaggio dell’imperatore del 1184, nel quale il Barbarossa concedeva al vescovo Ogniben i paesi di “Roverclara, Anglare, Liniaco et Nauchesola et Begossio, Carpi et Reda” nei pressi di Minerbe.
Il piccolo paese diede alla luce personaggi di spicco della politica veronese, acquisendo così una certa importanza.
La chiesa di Nichesola
Venne eretta nel 1330, almeno secondo quanto confermato dal Vescovo De Bonis, che venne in visita a Nichesola nel 1780.
La chiesa, dedicata sin dalle origini a San Celestino, nel 1500 sembra ne custodisse anche un quadro di valore, attestato da una relazione del vescovo datata al 1530.
L’interno della chiesetta raccoglie importanti testimonianze artistiche: alle pareti sono visibili affreschi datati al 1478, scoperti solo durante i lavori di restauro del 1947. Altri affreschi furono scoperti nei lavori di consolidamento del 1980: circa 2 metri quadri di parete affrescata che si trovava originariamente nella zona antistante all’abside.
Le chiesa nei secoli è stata infatti “ruotata” di 180 gradi. L’altare, ad esempio, si trovava in origine dove ora si trova la porta d’ingresso. La rotazione fu dovuta al fatto che si decise di costruire nuove case lungo l’attuale strada principale, opposta a dove all’epoca si trovata la piazza centrale del paese.
La chiesetta probabilmente sotto le proprie pareti nasconde ancora segreti ed opere d’arte. Le ultime scoperte risalgono a pochi anni fa, precisamente al 1999. Chissà cos’altro verrà alla luce nei prossimi anni.